Perché l’ignoranza rafforza il lato oscuro

Il tema della puntata è l’ignoranza come ostacolo alla crescita personale. Ignorare, non sapere, non conoscere, essere all’oscuro. Siamo ignoranti di un sacco di cose, pure di noi, figuriamoci degli altri. Essere ignoranti è un grande problema: ci rende facili prede delle illusioni, ci allontana dalla verità, ci allontana dalla nostra realizzazione e dalle buone relazioni. Più siamo ignoranti, più diventiamo piccoli (in senso letterale, si riducono le nostre dimensioni, le aspirazioni, le visioni), più l’evoluzione personale si allontana. Meglio allora far emergere questo lato oscuro. “Beata ignoranza”, vale solo finchè dura. E, dentro di noi, non dura mai. Alleniamoci allora a far crescere il nostro valore.
(Scorrendo puoi leggere la trascrizione dell’audio)

Perché l’ignoranza rafforza il lato oscuro

Se “ignorare” significa essere all’oscuro, che l’ignoranza abbia un lato oscuro è lapalissiano. Ma cosa ignoriamo, quanto, e come? Ignoriamo molto, e molte cose. Non intendo parlare, in questa puntata, della conoscenza come sapere e del sapere come strumento per la crescita: lo studio è già uno step evolutivo, il desiderio di conoscere, di approfondire, già ci rivela che siamo su una strada che si muove in avanti.
L’uso che facciamo di ciò che incontriamo dipende da noi, ma questo è un altro tema.
Parlo dell’ignoranza nei confronti del nostro valore, del suo significato, del modo in cui esprimerlo e della difficoltà che abbiamo a riconoscere quello degli altri, se non si adegua alle nostre visioni.
Ne parlo in pratica, non in teoria.

La distanza tra il dire e il fare

In teoria, siamo tutti molto bravi e sappiamo tutto.
Quando parlo con un genitore di come la visione che i genitori hanno dei propri figli possa risultare condizionante, sono tutti d’accordo. Quando dico loro che dovremmo imparare a sostenere la crescita dei nostri figli, sono tutti d’accordo.
Quando parlo con le partner femminili dell’importanza che il dialogo sincero ha perché una relazione sia soddisfacente per entrambe le parti, sono tutte d’accordo.
Quando parlo con i partner maschili di come certi atteggiamenti di chiusura possano condizionare il loro rapporto, sono tutti d’accordo.
Potrei andare avanti all’infinito.
Quando si parla, teoricamente, di buone teorie, di buoni comportamenti, di buoni sentimenti, di buone prassi, sono tutti d’accordo.
Peccato che tra il dire e il fare ci siano di mezzo il decidere e l’agire.

Per usare il metodo degli esempi evolutivi, i genitori di cui vi dicevo (scrivevo) sopra sono gli stessi che si lamentano per “come sono” i figli. Non per ciò che fanno, o dicono, ma per come sono.
Una volta, ho lavorato con una mamma che aveva una scrittura iper, per quello che riguarda l’ambito del controllo e dell’attenzione. E si ritrovava con un figlio iper, per quello che riguarda l’ambito della creatività e della variabilità. Il termine “si ritrovava” lo uso appositamente. Non avrebbe voluto “ritrovarsi” un figlio così. Lo avrebbe voluto un po’ come lei. Lei super precisa, lui poco ordinato, lei super metodica, lui molto variabile. La scrittura parla chiaro, non inganna mai. Si trattava di due mondi diversi. Uniti dall’amore, dalla famiglia, ma questo non significa mica che dobbiamo essere uguali.

L’ignoranza rende presuntuosi

Purtroppo, però, quella mamma, che chiameremo Maria, era ignorante. Le non sapeva di essere iper-precisa, organizzata, perfezionista, pensava di essere giusta e “normale”. Normale è una parola che non amo, porta con sé il concetto di “non” normale. Chi decide cosa è normale, e cosa no? In base a quali parametri?
Comunque, Maria pensava di essere giusta e “normale.” Quindi, il figlio, chiamiamolo Umberto, non era giusto né “normale”, secondo i suoi standard.
I nostri standard, in quanto nostri, sono sempre personali. Perciò, lei ignorava molte cose di sé, e molte cose del figlio. Quando è così, il lato oscuro dell’ignoranza trionfa. Diventiamo presuntuosi, pensiamo di avere sempre ragione. Anche aggressivi, a volte vendicativi, verbalmente sgradevoli, poco pazienti, alla fine ci convinciamo che nulla cambierà, e agiamo di conseguenza. La profezia che si auto-avvera e l’effetto Pigmalione (cui abbiamo dedicato anche una puntata), sono una realtà che determina altre realtà.

Nella nostra grafia la via per essere noi stessi

La nostra grafia non inganna. Maria aveva una vaga percezione del fatto che produceva molta sofferenza in Umberto, e anche lei non è che fosse felice. In realtà, non lo sapeva, consapevolmente. Iniziò ad intravedere una dimensione diversa un giorno, in cui si trovò ad assistere ad un mio seminario, dove, attraverso tanti esempi e tante scritture, spiegavo quanti abbagli prendono gli adulti.
Li prendiamo in tanti campi, questi abbagli. Molti e significativi, nel campo delle relazioni personali, dal rapporto di coppia al rapporto genitori-figli, che vince la palma d’oro, anche se rapporti di amicizia o di lavoro se la cavano altrettanto bene, purtroppo.
Dunque, Maria capì che forse c’era dell’altro. Così parlammo, decise di richiedere un profilo della sua scrittura, poi di quella del figlio, e poi di cambiare e di uscire fuori dall’ignoranza.
Arrivo direttamente alla conclusione: il perfezionismo, l’iper attenzione ed organizzazione di Maria venivano dalla sua insicurezza, dal desiderio di approvazione, da una storia di vita che l’aveva portata a pensare di doversela cavare da sola. Era anche parte della sua natura originaria, ma per dare il meglio di sé aveva la necessità di esprimere queste caratteristiche senza tensione e recriminazioni, La creatività di Umberto era creatività vera, non poteva essere imbrigliata e legata al palo del perfezionismo. Aveva bisogno di essere compresa e instradata verso una gestione più consapevole e matura, nel pieno rispetto della sua natura originaria.

Fuori dall’ignoranza per illuminare la nostra vita

Essere autentici vale per tutti. Ma, se siamo ignoranti, cioè ignoriamo le vere cause dei nostri comportamenti, come e dove sono nati i nostri modelli comportamentali, i nostri schemi mentali, di cosa abbiamo bisogno, come ci inganniamo è un po’ difficile avviarsi sulla strada della vera evoluzione.
Sulla strada, ci siamo, andiamo avanti. Solo che, senza consapevolezza e illusi dell’ignoranza, non evolviamo.
Uscire fuori dall’ignoranza significa illuminare la nostra vita, e anche quella degli altri. Quando è cambiata la vita di Umberto, quando ha smesso di sentirsi giudicato per ciò che non andava bene (secondo i parametri della mamma) e sostenuto perché potesse dare il meglio di sé, così come era.

Che la consapevolezza sia con voi

L’esempio riguarda il rapporto genitori-figli, ma potete traslarlo dove volete, tra partner, amici, colleghi di lavoro, datori e dipendenti. Ovunque. L’ignoranza ci rende ottusi, l’ottusità appesantisce la vita. Il peso di impedisce di librarci verso l’alto. La natura dell’essere umano è bellissima, solo che spesso non riusciamo a vederla. L’ignoranza è terribile, più diventa forte, più diventiamo ciechi e sordi, più ci allontaniamo dal bello della vita. Che non arriva come per magia, va cercato, difeso, realizzato, costruito.
Siamo tutti un po’ ignoranti. Basta saperlo e non usarlo come scusa, ma come carburante per far emergere il nostro valore.
Per approfondimenti, contatti e info, trovate riferimenti e post su annarosapacini.com o sul social che preferite.
Per concludere la puntata, ho scelto un tris di aforismi
“È sapiente solo chi sa di non sapere, non chi s’illude di sapere e ignora così perfino la sua stessa ignoranza” (Socrate)
“Se la conoscenza può creare dei problemi, non è tramite l’ignoranza che possiamo risolverli” (Isaac Asimov)
“Accusare gli altri delle proprie disgrazie è conseguenza della nostra ignoranza; accusare se stessi significa cominciare a capire; non accusare né sé, né gli altri, questa è vera saggezza” (Epitteto)

Perciò, cari amici, non abbiamo più scuse. Che la consapevolezza sia con voi.

Scroll to Top