Usare la comunicazione per lavorare meglio

Il tema della puntata è come usare la comunicazione per lavorare meglio e al meglio. Ovvero, stare meglio nei nostri panni (professionali, in questo caso), così tanto da ottenere risultati più soddisfacenti, trovando nuove soluzioni, risolvendo problemi e creando attorno a noi ambienti positivi. E anche come farlo quando lavoriamo al fianco di persone che non ci piacciono, se non addirittura ci danno fastidio. E come capire quando il problema non è il lavoro, ma siamo noi. Il che significa che siamo anche la soluzione.
(Scorrendo puoi leggere la trascrizione dell’audio)

Usare la comunicazione per lavorare meglio

Se il tuo collega di lavoro non ti piace
Iniziamo proprio dall’ultimo passaggio, lavorare al fianco di qualcuno che non ci piace, o che, addirittura, un po’ detestiamo. Capita, molto più spesso di quanto si creda. Colleghi di lavoro, superiori, subordinati, persone che individuiamo come causa o concausa, del nostro stress lavorativo.
Andarsene e lasciare il lavoro non è la soluzione migliore. E neanche quella giusta, non, almeno, per questo motivo. E per molti, non è proprio da prendere in considerazione, lasciare il lavoro perché non si va d’accordo con qualcuno. Stiamo parlando di disarmonie “ordinarie”, e non di cattivi rapporti alterati con vittime e persecutori. Questo, è un altro argomento, che non tratteremo in questa puntata.
Parliamo di situazioni di lavoro ordinarie e di rapporti interpersonali comunemente non armonici.
Lasciare il lavoro per un motivo di questo genere non è la soluzione migliore anche perché spesso la causa è dentro di noi, e questo significa che anche in un posto di lavoro nuovo, rischieremmo di trovarci a vivere situazioni simili.
Come fare, allora, a convivere con qualcuno che non ci piace, senza che questo influenzi il nostro rapporto con il nostro lavoro? Ogni situazione è un caso a sé, da vagliare attentamente. Ma alcune piccole strategie ed indicazioni possono essere utili a tutti.
Innanzi tutto, anche se a noi sembra che quella certa persona non ci piaccia per cause che hanno a che fare con il lavoro, la verità è che la persona non ci piace a prescindere. Magari non condividiamo il suo approccio, il modo che ha di affrontare le situazioni, di vestirsi, di parlare o di ragionare. Può essere troppo espansiva, o troppo poco; troppo intraprendente o troppo poco, troppo qualcosa o troppo poco qualcos’altro. Non esiste il collega di lavoro perfetto. Quando lo troviamo, spesso non è davvero perfetto. Semplicemente, è giusto per noi.

Come risolvere un problema di comunicazione sul lavoro

La prima cosa da fare, è ricordarci che quella persona è così perché quello è ciò che si sente e può esprimere, in quel momento. Non è così per fare dispetto a noi o contro di noi. Ci sono origini e motivi, nella sua vita, che l’hanno portata a quel punto.
La seconda, è che anche noi ci portiamo dietro noi stessi, la nostra storia, il nostro modo di fare.
Questo comporta, come prima conseguenza, la necessità di allenarci ad osservare la situazione in modo nuovo.
Vi racconto la sintesi di una storia in cui rapporti non positivi sul luogo di lavoro sono stati risolti brillantemente, proprio grazie ad una buona comunicazione. E’ possibile attivare una buona comunicazione – sul luogo di lavoro, e ovunque – se abbiamo la piena consapevolezza della sua importanza e della sua efficacia per migliorare le situazioni.

Primo passo, avere fiducia nel potere di trasformazione dell’altro

Questa storia vede protagonista un uomo (vi ricordo che sono tutte storie vere, piccoli spaccati di vissuti che provengono dalla mia esperienza professionale). Chiamiamolo Filippo. Filippo inizia a lavorare sul suo stile comunicativo per motivi aziendali. La sua azienda ha mandato lui e gli altri che ricoprono un ruolo decisionale significato a fare un corso personalizzato da me. Quindi, analisi grafologica e strategie comunicative su misura. Ottiene subito ottimi risultati. Dapprima, per se stesso. Riesce a capire finalmente i motivi “veri” per cui certe situazioni lo stressano, e questo gli consente di gestirle in modo molto più efficace e costruttivo.
Addirittura, migliorano i rapporti con tutti i colleghi diretti, e anche con quelli con cui, per le spedizioni e gli incarichi, all’estero, ha rapporti solo telefonici. Ma… c’è una persona che proprio non riesce a sopportare. Sarebbe un suo subordinato, in quanto a ruoli, ma, per via della sua esperienza, in realtà ha un potere di azione quasi paritario.
Due sono le cose che lo disturbano: la prima, è che il collega-dipendente spesso lo critica, come se non sapesse fare il proprio lavoro. La seconda, è che ha un temperamento irascibile, e quando si arrabbia con un cliente, alza la voce, e si lamenta a lungo, influenzando tutto l’ufficio. La strategia che hanno adottato tutti è quella di far finta di niente, cercare di allontanarsi, evitarlo. Ma questo signore – chiamiamolo Sergio – non lo sa. Pensa di avere buoni rapporti con gli altri. Non sa che sono rapporti falsi. Con il tempo, le sue intemperanze peggiorano, e tutti ne risentono sempre di più. Filippo sta lavorando sulla buona comunicazione, che ha, tra i suoi assunti base, quello di manifestare ciò che siamo in modo positivo e costruttivo, mirando ad una comunicazione ed ad una comprensione reali. Perciò, molto motivato dai risultati già ottenuti, decide di dare fiducia a Sergio. Ed inizia a parlargli, come non aveva mai fatto. A spiegargli il suo punto di vista, come non aveva mai fatto. E, sorpresa, anche Sergio lo fa, gli spiega le sue difficoltà, i suoi problemi.
Non posso raccontarvi tutto l’iter della storia, vado direttamente alla conclusione: Sergio non solo è riuscito ad avere un rapporto di amicizia con Filippo tale da indurlo a provare, a sua volta, a migliorare le sue dinamiche di relazione e comunicazione, ma è rimasto così colpito dall’evoluzione di Filippo, da decidere di suggerire a sua figlia, studentessa universitaria con progetti di business, di seguire anche lei un percorso mirato con me, per valorizzare ed esprimere al cento per cento le sue potenzialità.

Chi ben comunica lavora meglio perché sta meglio

Chi ben comunica lavora meglio perché sta meglio, con se stesso e con gli altri. Il clima emozionale che si crea in un luogo di lavoro è il riflesso di ciò che le persone sono e provano, non può essere ignorato. A volte le persone, dopo un corso, mi contattano privatamente per raccontarmi le loro esperienze, perché hanno capito che possono finalmente cambiare le cose. Da chi è convinto che un collega non risponda al telefono per fargli un dispetto a chi pensa che il suo dipendente non creda davvero nei principi base dell’azienda, dal professionista che ottiene risultati eccellenti ma che subisce un forte stress emotivo dovuto ad interazioni personali non positive e non gratificanti, alla segretaria convinta di valere poco.
Spesso le persone confondono ciò che fanno con ciò che sono. Un insuccesso sul lavoro diventa quindi una svalutazione dell’idea di sé, un rapporto interpersonale negativo ci spinge a pensare di essere sbagliati.
Funziona proprio al contrario: più siamo consapevoli, più diventiamo forti e sereni, più troviamo le risorse per affrontare le difficoltà e, soprattutto, per comprendere la realtà senza gli schemi che ci imprigionano, di cui vi ho parlato in altre puntate. Solo così, affrontando le situazioni liberi di essere noi, capaci di sfidarci e metterci alla prova, fiduciosi del fatto che buone relazioni creano buoni ambienti, e migliorano il nostro lavoro, riusciremo a comunicare in modo davvero evolutivo, per noi e per gli altri.
Se non ci credete, vale la pena provare, perché le cose da sole non cambiano. Se ci credete, sapete già che potete cambiare le cose.
Se volete sapere come fare, per la vostra situazione specifica e unica, scrivetemi info (at) annarosapacini (dot) com
Per approfondimenti e news, legge questo blog e seguitemi sul social che preferite.
Vi saluto con un tris di aforismi:
“La soddisfazione personale è l’ingrediente più importante del successo” (Denis Waitley)
“La comunicazione non è quello che diciamo, bensì quello che arriva agli altri” (Thorsten Havener)
“Se l’opportunità non bussa, costruisci una porta” (Milton Berle)

Perciò, diamoci da fare per costruire una porta che ci permetta di essere noi, di vivere il nostro lavoro con soddisfazione e di migliorare la nostra vita e quella degli altri.
Grazie a tutti per l’ascolto, ad una prossima puntata.

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