I significati segreti dei messaggi vocali

Oggi viviamo immersi in un mondo di comunicazione. Social, Internet, Wi-Fi, Bluetooth, auricolari, cellulari, tablet, computer, e chi più ne ha, più ne metta. Teoricamente, potrebbero essere tutti strumenti in grado di renderci più capaci di ascolto, di attenzione, di approfondimento. Teoricamente. È ormai però un fatto appurato che la comunicazione digitale, se non resta in contatto con la comunicazione umana primaria, così tanti benefici non li apporti. Comunicazione umana primaria intesa come fondante, originale, basilare. Non solo: alcuni di questi strumenti si rivelano, ahinoi, particolarmente dannosi per la qualità delle relazioni umane. Tra questi, possiamo sicuramente inserire i messaggi vocali.

Ci sono alcuni casi in cui sono utili, funzionali, ma molti altri in cui non lo sono affatto, perché esaltano e rinforzano uno degli aspetti meno positivi della comunicazione; l’unidirezionalità e l’autoreferenzialità. Inoltre, nel tempo, possono modificare anche lo sviluppo dei modelli di pensiero e delle relazioni. Capire allora quali sono i significati segreti dei messaggi vocali, cioè cosa dicono, oltre le parole, che tipo di atteggiamento possono veicolare, come possono essere percepiti, perché non dovremmo abusarne, e perché chi li usa troppo potrebbe, involontariamente, creare effetti negativi sui propri modelli comunicativi e su quelli altrui, potrebbe essere molto utile. Anche per comprendere meglio quanto la realtà tutta ci influenzi, ancor più quella che sfrutta la comunicazione per entrare nella nostra vita. E quanto siamo noi stessi a crearla.
(Scorrendo la pagina puoi leggere la trascrizione dell’audio della puntata)

Messaggi vocali: chi pro, chi contro

Per prima cosa, così puoi conoscere i presupposti, la mia posizione nei confronti dei messaggi vocali è neutra. Non li uso mai, ma non ho problemi con chi non li usa. Suggerisco alternative, come scrivere e parlare in feedback, bidirezionale, ma se ricevo un messaggio vocale, lo ascolto con la stessa attenzione con cui ascolto una persona che mi sta parlando, o leggo un testo scritto. Pur tuttavia, non li consiglierei mai come modalità di interazione comunicativa primaria, e, dato che siamo noi a creare le nostre dinamiche di comunicazione nelle relazioni, devo dire, riflettendoci, che ne ricevo davvero pochi. Ricevo invece soprattutto messaggi bidirezionali, che è poi la dimensione ideale di una comunicazione valoriale nella vita.

Incontro, invece, nel mio lavoro, sempre più spesso, persone che hanno rapporti ambivalenti con i messaggi vocali, sino ad un fastidio totale: in genere, persone che li ricevono, ma non li usano. E non vorrebbero riceverli, ma non c’è modo che i loro interlocutori accettino la richiesta. Un messaggio vocale è una comunicazione unidirezionale. Chi invia il messaggio, esprime il suo sentire, chi lo ascolta, deve riceverlo, senza poter in alcun modo essere parte attiva della comunicazione. C’è un’esclusione del tuo interlocutore, che viene ad essere un fruitore passivo ed obbligato. A differenza, ad esempio, di un messaggio che leggi, che puoi vedere nella sua complessità, o in una parte, in cui c’è spazio anche per la tua voce interiore, in cui ti senti, in ogni caso, dentro il processo comunicativo (per comprendere l’effetto della lettura basti pensare ai libri, alla fantasia, a quanto effetti interiori possano produrre, lasciandoti libero), nei messaggi vocali per chi li riceve di libertà ce n’è poca.

E, tanto più veicolano informazioni, emozioni, sentimenti e pensieri carichi di intenti non positivi, tanto più chi li riceve si sente invaso e privato della sua possibilità di essere parte della comunicazione. Rispondere dopo, magari con un altro messaggio unidirezionale, non è come comunicare nel qui e ora. La libertà di leggere non è come l’obbligo di ascoltare. Il messaggio vocale non è come la radio (che, ricordava il testo di una canzone di qualche anno fa, libera la mente, perché ascolti ma continui a coltivare la tua dimensione interiore). Il messaggio vocale unidirezionale è come un ordine, un dettato, oppure un dialogo solipsistico.

Il tempo che dedichi alla comunicazione profonda è tempo che dedichi alla qualità della tua vita

Mi direte che ci sono persone che li usano sempre, senza problemi, comunicano gli uni con gli altri con i messaggi vocali. Questo è il bello della libertà di scegliere. Bisogna però riconoscere che è ben diverso dal processo che caratterizza un dialogo bidirezionale: tu mi invii un flusso di pensieri, io lo ascolto, e ti invio il mio. Quei flussi di pensiero non vivono mai in un qui e ora condiviso. Tanti sono i motivi per cui c’è chi li ama: rapidità e comodità, ad esempio. E, infatti, come ausilio, per un messaggio breve, in un momento di necessità, possono essere utili. Ma un messaggio audio di venti minuti in cui ti sfoghi o ti lamenti, un quarto d’ora di vocale in cui metti tutto quello che ti passa per la testa, non rispondono a necessità comunicative che tengano conto anche dell’altro, ma soprattutto, se non esclusivamente, a quelle di chi lo invia. Il messaggio vocale, quindi, e purtroppo, può enfatizzare certe tendenze, ad esempio, tendenza alla lamentela, alla critica, allo sfogo, al bisogno di affermare se stessi senza tener conto degli altri. Più li usi, più ti sembra di comunicare.

Mi dirai che quello che dici in un messaggio di cinque minuti, a scriverlo, ce ne vorrebbero venti. È vero, ed è bello, potersi dedicare alla comunicazione tanto quanto ti serve, curandola in ogni aspetto. Dovresti aspettare di avere quei venti minuti, poi dedicarti al messaggio, scriverlo bene, pensare alle parole. Tu, che comunichi, dovresti dedicare un po’ più del tuo tempo all’altro, e questo, già solo questo, fa bene alla comunicazione.

Interazioni umane bidirezionali: cosa non c’è nei messaggi vocali

C’è poi una proporzione inversa: io che registro un podcast, ad esempio, di 25 minuti, poi lo trascrivo, e tu, lo leggi, a leggerlo, ce ne impieghi 9. Un messaggio vocale di 25 minuti, anche ascoltato alla massima velocità attualmente ammessa da WhatsApp, né richiederebbe 13. E, a quella velocità non naturale, le inflessioni, il tono di voce, le sfumature, quelle dei sentimenti e delle emozioni, dove vanno a finire? Dove va la parte umana del contatto paralinguistico (intonazione, inflessione della voce)? Scompare.

Una volta, in una telefonata a tu per tu con l’altro, in quei quindici minuti avresti detto forse meno cose, me ne avrebbe dette anche il tuo interlocutore, la comunicazione avrebbe aggiunto qualcosa di nuovo ad entrambi. Nel messaggio vocale non c’è spazio per l’altro, ma solo per chi comunica. E, andando avanti, di messaggio vocale in messaggio vocale, si perdono il confronto e l’interazione, veri paladini delle interazioni umane. Mancano lo sforzo, l’attenzione, il desiderio di capire, di interagire. Interazioni umane. Si definiscono interazioni, quelle umane, si parla di comunicazione interpersonale, intrapersonale, non monopersonale, perché c’è influenza reciproca. Perciò, se li usi, cerca di non farne il tuo unico mezzo di comunicazione con gli altri, soprattutto quando hai fretta, soprattutto quando sei stressato. È lì, che dovremmo essere ancor più padroni dei nostri pensieri e delle nostre emozioni, è lì che, impegnandoci per dare il nostro meglio, progrediamo e cresciamo. Se sei tra coloro che li ricevono, e ormai li ascolti in modalità riavvolgimento veloce, anche per te non va meglio: ti stai disabituando a dare importanza alle parole, alle sfumature, con il tempo la tua sensibilità ne risentirà, anche la tua disponibilità.

Curare la comunicazione è prenderti cura di te e degli altri

Perché chi li invia, invece – e questo è un altro dei segreti -, di voglia di comunicare ne ha, e molta. Solo che si fa trascinare dall’ impulso, usa quello strumento così comodo, e non ascolta più i suoi sentimenti più profondi, i pensieri matrice, si lascia trascinare dall’onda, che poi, diventerà dominante. Infatti è esperienza comune che chi usa i messaggi vocali tende a concentrarsi sulle stesse cose, a ripetere messaggi che riportano concetti simili. E più li invia, più quei pensieri gli sembreranno effettivamente gli unici giusti. Senza un’elaborazione profonda ed articolata del pensiero, il pensiero – e tutto quello che rappresenta -, s’impoverisce.

So, dai tantissimi messaggi che ricevo (scritti, non vocali), dalle tantissime persone diversissime tra loro, che mi ascoltano, nel mondo, che tutti percepiscono la realtà e la verità che stanno alla base dei miei messaggi, che condivido nei podcast. Anche se sono audio, nascono da uno studio che è sempre di riflessione profonda, di scrittura, lettura e ricerca. Non sono vocali che seguono un impulso, sono un dialogo che esprime una visione. È una dimensione fondata su una via di ricerca profonda per l’evoluzione personale, in cui la parola detta, la comunicazione valoriale, è applicata ad una sempre migliore comprensione dell’essere umano e delle realtà della vita ed alla massima espressione di te.

Non è il mezzo, a fare il messaggio: ma lo può influenzare molto. E’ bene tenerne conto

Non è il mezzo, a fare il messaggio. Sei tu. Perciò, che si tratti di messaggi vocali, di chat, di social, prenditi il tempo che ti serve, perché senza il tempo giusto, la comunicazione non può trovare le parole di cui ha bisogno. Dai all’altro lo stesso spazio, la stessa attenzione, la stessa importanza, che dai a te stesso. Sii chiaro, aperto, e non lasciare mai che sia un messaggio unidirezionale a dire cose belle e importanti, non lasciare l’altro lì, da solo. Sì, ci sono anche messaggi vocali romantici, messaggi d’amore, di amici, ma sono messaggi, messaggi come un messaggio in una bottiglia, si sa che sono scritti perché qualcuno li legga, sono una dichiarazione. Ma non comunicazione umana interrelata. Non interazione.

Una cosa è mandare un messaggio, aperto all’interpretazione, alla speranza, all’amore, o, anche, di dolore che chiede all’altro, amore e speranza. Un’altra, invece, comunicare a senso unico: che non è interazione comunicativa. Altrimenti non sarebbe a senso unico. Altri segreti riguardano l’effetto che questo tipo di comunicazione può avere, a lungo andare: rinforza i modelli, anestetizza l’interesse, rende le persone più sole, spinge a sentirsi più soli, meno a contatto.

Comunicazione umana: perchè è meglio evitare i messaggi senza interrelazione

La comunicazione digitale può essere bellissima e fruttifera, ma solo se resta umana. Mantieni il contatto umano in ogni tuo comunicare, vedrai che saprai, da solo, regolarti meglio, avrai più voglia di parlare e di scrivere, e quando manderai un messaggio vocale, sarà la porta di un dialogo nuovo, affinché l’altro possa risponderti, con il suo tempo, nei suoi modi. Prima di usare i messaggi vocali chiedi cosa ne pensa chi li riceve. Quando li ricevi, parla, spiega, cosa significano per te. Ascolta cosa significano per chi te li invia: scoprirete che si può essere felici, nelle interazioni umane, solo se si è felici in due, solo se la comunicazione costruisce valore, percepito e creato, per entrambi.

Se non è così, allora potrai sempre migliorarla, e anche questa, è una cosa bellissima: la comunicazione è l’arte dell’essere. Allenare la tua comunicazione vuol dire ricercare la tua autenticità ed esprimerla, con profondità, e leggerezza. In questa prospettiva l’allenamento non è una fatica, è una ricerca. L’impegno non è uno sforzo, è un percorso desiderato. Necessario, per raggiungere la meta. 

Questo era il vero oggetto di questa puntata: ricordarti che ogni tua comunicazione conta, e che, in ogni relazione della tua vita, tu crei la tua storia. Dal più piccolo messaggio, qualunque sia il mezzo, perché ogni parola è importante. Prenditi cura della tua comunicazione.

E se hai dei pensieri che vorresti trasformare, se desideri creare nuovi modelli di comunicazione per essere e realizzare, sempre più, la persona che sei e scegli, possiamo scoprire insieme la strada giusta perché tu possa esprimere appieno il tuo essere ed espandere la tua vita, là dove desideri arrivare. Annarosapacini.com, pagina contatti, trovi tutti i miei recapiti. Scrivimi, inviami un messaggio, telefona. Rispondo a tutti, sempre. 

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Non potevano mancare i consueti aforismi di fine puntata, su comunicazione, feedback ed interazioni umane. Il primo, di Confucio: “Per mettere il mondo in ordine, dobbiamo mettere la nazione in ordine. Per mettere la nazione in ordine, dobbiamo mettere la famiglia in ordine, Per mettere la famiglia in ordine, dobbiamo coltivare la nostra vita personale. Per coltivare la nostra vita personale, dobbiamo prima mettere a posto i nostri cuori”. Madre Teresa di Calcutta: “Non dobbiamo permettere a nessuno di allontanarsi dalla nostra presenza, senza sentirsi migliore e più felice”. Giorgio Barberi Squarotti: “La povertà di linguaggio rende deboli: rischia di farci diventare schiavi delle idee altrui”. L’ultimo è un proverbio cinese: “Una parola buona può essere come un fuoco caldo nel freddo inverno”.

Il brano: “Bright sound”. Ti auguro di essere felice con te stesso. Di essere felice di te stesso. Di non perdere mai di vista il valore vero delle cose, di restare sempre umano, perché la comunicazione umana è la più profonda essenza del vivere e dell’essere, nel mondo. Grazie per essere con me in questo viaggio. Ti aspetto alla prossima puntata.

“Ogni tua comunicazione conta, e che, in ogni relazione della tua vita, tu crei la tua storia. Dal più piccolo messaggio, qualunque sia il mezzo, perché ogni parola è importante. Prenditi cura della tua comunicazione”
-Annarosa Pacini

Crescita e realizzazione personale, comunicazione, motivazione, ispirazione, evoluzione, coaching on line – frasi, pensieri, aforismi e citazioni tratti dal lavoro della dr.ssa Annarosa Pacini (© tutti i diritti riservati: è consentito l’uso con la citazione della fonte e link al sito)

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