Vado contro corrente dicendoti che puoi lamentarti, dopo avere letto diversi articoli dal titolo “lamentarti ti fa invecchiare prima” e ti fa anche diventare stupido. Esprimere ciò che ti fa soffrire aiuta a consapevolizzare, e se lo sai fare nel modo giusto, non come recriminazione ma come approfondimento e presa di coscienza, diventa un aiuto straordinario per permetterti di capire cosa vuoi cambiare nella tua vita. Perchè le cose di cui ti lamenti sono quelle che non ti vanno bene. E le cose che non ti vanno bene sono quelle che hai bisogno di migliorare. Ascoltare sinceramente chi si lamenta, ti permette di essere d’aiuto. Ascoltare le tue lamentele, ti permette di capire i modelli che ti condizionano e liberartene. Magari, non lamentarti troppo. Perchè pare proprio che i neuroni non gradiscano. Lamentarsi sì o no? Una prospettiva evolutiva.
(Scorrendo puoi leggere la trascrizione dell’audio)
Lamentarti è un tuo diritto (ma non una scusa)
In questo periodo, mentre sto preparando alcune novità per te, per distrarmi vado qua e là on line in cerca di spunti interessanti. So di averti già detto che per distrarmi, mentre lavoro o studio o faccio cose che richiedono molto impegno mentale, mi piace, tra le altre cose, anche leggere o studiare argomenti diversi. E’ chiaro che lo scopo di un articolo è quello di interessare, incuriosire, non di formare, però chi lo legge cerca risposte, e le prende per buone, anche quando, magari, sono un po’ troppo semplici e “semplificanti”. “Lamentare, lamentarsi”, si legge sul vocabolario Treccani, “Compiangere, provare dolore o rammarico per qualche cosa; (…) esprimere la propria scontentezza, dolersi presso altri di cosa che non ci soddisfa, di un torto subìto, di quanto ci fa soffrire”. C’è una frase, esemplificativa, che trovo molto azzeccata, di Petrarca: “Giusto duol certo a lamentar mi mena”. Cosa vuol dire?
Vuol dire che se c’è una sofferenza, e viene percepita, è umano parlarne, pensarci. “Giusto duol”.
Lamentarsi fa male solo se è rinuncia
Io non credo nel “lamentatore”, ovvero, che ci siano persone che si “lamentano per lamentarsi”. Non escludo che esistano particolari personalità, atteggiamenti mentali, difficoltà di comunicazione, che possano creare “lamentatori seriali”. Ma io penso alle persone che si lamentano in modo usuale, a te, a me, ai tuoi amici, i miei amici, i tuoi familiari, i miei familiari, conoscenti, e via così. Cosa dicono questi articoli? “Uno studio condotto dalla Stanford University ha dimostrato che una mezz’ora di ascolto di lamentele è pericolosa perché i neuroni ne risentono e perdono la capacità di elaborare creativamente delle soluzioni. Essi vanno letteralmente in ‘modalità off’ perché il cervello attraverso le sinapsi cataloga gli impulsi ricevuti e reputa le lamentele di basso livello. Da non sottovalutare anche gli effetti negativi sull’organismo come l’abbassamento delle difese immunitarie e in particolare sull’apparato digerente che può riscontrare l’insorgere di coliti e gastrite”.
Leggo testualmente da uno degli articoli: “Lamentarti ti fa invecchiare prima. Mai contenta? Ti lamenti sempre un po’ per tutto? Per il tempo, il lavoro, il partner, i figli? Sappi che la lamentela è peggio dell’attacco dei radicali liberi, è il tipico atteggiamento psicologico che invecchia. Perché se nei tuoi discorsi, e prima ancora nei tuoi pensieri, emergono con frequenza disappunto e fastidio, delusione e scontentezza, rassegnazione e pessimismo, condizioni negativamente te stessa e l’immagine che offri agli altri: ti presenti, insomma, come una persona noiosa e povera di risorse, senza energie vitali. E poi “intossichi” il cervello: sotto l’effetto del malumore, infatti, quest’ultimo è costretto a produrre noradrenalina, cortisolo e adrenalina, ormoni che alla lunga alterano il normale funzionamento proprio di questo organo fondamentale. Finale? Ti ritrovi con una mente meno elastica e pronta a trovare nuove soluzioni”.
Lamentela e stereotipi: c’è molto di più
Toni un po’ terroristici, a tratti divertenti. Ogni articolo, poi, propone dei consigli, da quelli posturali (schiena dritta, angoli della bocca che sorridono) a consigli più pratici, non isolarti, non guardare le cose in modo negativo, non cadere nel vittimismo”. Una cosa curiosa, e molto legata agli stereotipi di genere, è che tanti articoli sono al femminile “Non sei mai contenta?” abbinando l’idea di chi si lamenta ad un atteggiamento che appartiene alle donne. Per fortuna – o, dovrei dire, per parità – un altro articolo ricorda il detto “vecchio brontolone”, per confermarci che quella del brontolone è una natura, un modo di vedere, che nulla ha a che fare con il genere. Direi piuttosto che ha a che fare con la vita.
Ed ora, vengo alla mia teoria. A me accade di lavorare con persone che, mentre parlano di ciò che le fa soffrire, si scusano perché si stanno lamentando. E’ una visione sbagliata, frutto di una società che tende a reprimere i sentimenti veri e profondi, banalizzandoli e facendo credere che, se li metti da parte, passeranno da soli. Non è così. Poi, ne vediamo l’effetto ogni giorno. Le persone che mostrano collera, intolleranza, incapacità di ascolto, non sono nate così, sono diventate così, anche – non soltanto, naturalmente – perché non hanno trovato chi ha compreso la loro sofferenza, chi abbia saputo ascoltare le loro lamentele.
Capire che c’è un problema è l’inizio della soluzione
“Giusto duol certo a lamentar mi mena”. Se una cosa ti fa soffrire, è naturale che tu ne parli come di una cosa che ti fa soffrire. Parlare di ciò che ti fa soffrire – o pensare a ciò che ti fa soffrire – fa parte di ogni percorso di consapevolezza e presa di coscienza. Solo quando diventa una scusa, ti fa invecchiare prima. Perchè significa che stai rinunciando all’idea del cambiamento, della possibilità di risolvere e trasformare. E’ l’interiorità che invecchia, prima del corpo.
Se ti lamenti, perché pensi che non c’è soluzione, quello sì, ti fa male. Se ti lamenti, perché pensi che tu non sei in grado di trovare una soluzione, quello sì, ti fa male. E fa male anche all’altro, se non vuoi comprendere i motivi delle sue lamentele.
La spiegazione è facile: le persone felici non si lamentano. Chi è felice, parla di cose positive, se parla dei problemi, non sembra nemmeno che si lamenti, perché, insieme al problema, spesso prospetta già la soluzione.
Cambia la prospettiva, risolvi il problema
Cosa cambia? Cambia la prospettiva. Se c’è qualcosa a cui pensi, che ti fa soffrire, di cui ti lamenti, presta attenzione. E vai oltre, attivati per risolvere, per trovare le soluzioni. Lo stesso puoi fare per aiutare chi si lamenta con te, delle proprie sofferenze. Aiutalo ad andare oltre. Quando ti lamenti, sei già a metà strada, hai già individuato il problema. Ti rimane di capire – come in un vero problema matematico, sai, come quelli che ci facevano scrivere alle scuole elementari – come fare le giuste operazioni e trovare una soluzione, la soluzione. Si chiamava anche “risposta”. Vedi come tutte le parole hanno sempre un significato di grande aiuto e valore: quando si parla di comunicazione è sempre la risposta, quella che serve per comprendere appieno. Individuato il problema, hai già in mano gli elementi che ti servono per trovare anche la soluzione. E non sentirti in colpa, se ti lamenti. Vuol dire che sei una persona che ascolta il suo cuore. Se invece è per te un atteggiamento predominante, e le soluzioni non le vuoi cercare, allora sì, magari, in quel caso, si può fare qualcosa di più. Cercare le risposte anche per gli atteggiamenti interiori che hai scelto. La prospettiva evolutiva è semplice: riconosci il giusto valore di ogni comunicazione, anche della lamentala, e usala per progredire.
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Per salutarti, due aforismi sul lamentarsi ed un brano musicale. Non è stato affatto semplice trovarne che non riproponessero il “solito” punto di vista sul lamentarsi. Ma ne ho trovati due.
“Si scoprirà generalmente che gli uomini che si lamentano costantemente della loro cattiva sorte stanno solo raccogliendo le conseguenze della loro stessa negligenza, incuria, e imprevidenza, o mancanza di applicazione” (Samuel Smiles) – ovvero, aggiungo io, sei tu che costruisci il tuo destino, se non ti piace, cambialo
“I clienti che si lamentano sono i migliori amici dell’impresa. Una lamentela mette in guardia in merito a un problema che probabilmente sta facendo perdere dei clienti e che, una volta noto, è possibile risolvere” (Philip Kotler)
Il brano che ho scelto per te si intitola: “Lightness”. La tua luce è dentro di te, alimentala, e diventerà sempre più grande.
Ti ringrazio, per essere stato con me. Alla prossima puntata.