La stretta di mano vincente

Parliamo oggi del linguaggio del corpo, ma non in generale, di un gesto specifico, la stretta di mano. I linguaggi non verbali occupano oltre il settanta per cento della nostra comunicazione, e questo significa che conta più il modo in cui diciamo una cosa e quanto è concordante con il nostro linguaggio del corpo, che non i contenuti. O meglio: ciò che diciamo produce il giusto effetto se è vero e coerente con ciò che pensiamo e ciò che vogliamo (e che il nostro linguaggio del corpo rivela). Altrimenti, non solo non funziona bene, ma può produrre anche effetti piuttosto negativi. Noi spesso osserviamo gli effetti, e non ci rendiamo conto di essere una delle cause. Ne parleremo certamente in un’altra puntata.
(Scorrendo puoi leggere la trascrizione dell’audio)

La stretta di mano vincente (i significati della stretta di mano)

L’atto di stringere la mano viene dal passato, ed ha assunto diverse forme e significati, a seconda del periodo storico e della cultura di riferimento. Nell’antica Roma, ad esempio, era diffusa la pratica di portare un pugnale nascosto nella manica, perciò quando due persone si salutavano, usavano la “stretta dell’avambraccio”, che era sì un modo per salutarsi, ma, soprattutto, per proteggere la propria incolumità da un’eventuale coltellata a sorpresa. Pare che la stretta di mano come noi la conosciamo, nata come segno per suggellare un accordo commerciale tra due uomini di pari grado, sia piuttosto giovane.
La stretta di mano è anche oggi, un segno di fiducia e benvenuto. E se non si è certi di essere benvenuti, dicono gli esperti, meglio soprassedere. Molti manuali consigliano ai venditori che arrivino a sorpresa da un cliente, che si mostri evidentemente infastidito dalla loro presenza, di non allungare il braccio per stringergli la mano, se non lo fa lui, e di salutarlo verbalmente e con un cenno del capo, ad esempio. Devo dire che i manuali mi piacciono, ma non sempre sono d’accordo con i consigli che si leggono.
Un gesto di buona educazione rimane tale, stringere la mano con savoir faire, senza essere invadenti, salutando con gentilezza, resta comunque un buon modo di salutare, a meno che il vostro interlocutore non dia evidenti segnali non verbali di non gradire, come, ad esempio, arretrare o non porgervi la mano.

Le strette di mano da evitare

La stretta di mano è una forma di saluto e anche un messaggio. Secondo gli esperti, esistono delle strette di mano vincenti e perdenti, lo sono per l’interlocutore che riceve la stretta di mano addirittura in posizione di sottomissione. Il senso di predominio viene trasmesso tenendo la mano in modo che il palmo sia orientato verso il basso: questo comunica la volontà di gestire l’incontro. La stretta di mano può trasmettere non solo predominio, ma anche sottomissione e uguaglianza.
La stretta di mano sottomessa è l’esatto opposto della dominante, è sottomessa la mano che ha il palmo rivolto verso l’alto. Naturalmente, queste indicazioni vanno prese con grande cautela ed ogni linguaggio corporeo deve essere contestualizzato, letto in base alla situazione e alle relazioni tra le persone. Chi fa un lavoro in cui le mani sono preziose – come un musicista o un chirurgo  –, ad esempio, spesso adotta strette di mano non cert a tenaglia, come pure persone timide o particolarmente riservate.
La classifica delle strette di mano peggiori vede al primo posto “il pesce morto”, quella che viene definita anche “mano floscia”. Il “pesce morto” è la stretta molle, a volte umida. Poi la stretta di mano “a morsa” e la “tritaossa”, che parlano di desiderio di dominio, ma anche di mancanza di attenzione e delicatezza. Spesso chi ha questo tipo di stretta non sa come viene percepita dagli altri e che le persone a cui stringe la mano possono sentire dolore (soprattutto se indossano anelli): se vi accadesse di trovarvi in questa situazione, meglio dirlo, magari riusciranno ad essere più attenti.
Poi vi sono la presa con “la punta delle dita” e quella “a braccio rigido”, anch’esse poco favorevoli ad una buona apertura della comunicazione, perché tengono a distanza l’interlocutore – a meno che questo non sia il vostro obiettivo.
La stretta di mano migliore è quella paritaria, con i palmi di entrambe le mani in parallelo, magari accompagnata dalla doppia presa, che aumenta il contatto fisico e la vicinanza, da non usare, però, nei contatti con persone che non conoscete. Tante sono le strette di mano del controllo, dalla presa della spalla a quella del braccio che potrebbero risultare fastidiose ma… c’è un ma.

La stretta di mano vincente

E’ vero, ci possono essere strette di mano più o meno convincenti, ma la stretta di mano vincente è quella vera, cioè quella coerente con ciò che pensiamo e proviamo in quel momento. Come tutto il resto della comunicazione, se è falsa, non funziona. Certo, possiamo migliorare gli aspetti “tecnici”, rompere delle dita o lasciare una scia tipo lumaca non è l’ideale, ma, a parte gli eccessi, la migliore stretta di mano è quella genuina.
Infine, non lasciamoci fuorviare dai modelli e dai luoghi comuni.
Una persona può stringere la mano con poca forza semplicemente perché non si trova a suo agio o non ha imparato ad affermare se stessa, o, ancora, e questo si vede molto bene in grafologia, perché ha un sistema neuro-muscolare  così calibrato. La persona che scrive con pressione delicata e filiforme non stringerà mai la vostra mano con lo stile del “tritaossa”, mentre una persona con una pressione molto forte e marcata, nella propria grafia, difficilmente darà una stretta di mano “leggera”.
Nella stretta di mano c’è anche un componente fisica, corporea, dalla quale non possiamo prescindere. Poi, il temperamento, lo stile comunicativo, e la situazione.
La cosa migliore è cercare sempre di tenere presente la situazione e il nostro interlocutore.
Stretta di mano più formale in un incontro di lavoro, più amichevole ad una cena con amici. Stretta con più vigore se il vostro interlocutore sorride e avanza verso di voi, con vigore controllato se ha l’aria tesa e non si fa avanti.
La stretta di mano vincente è quella che nasce da una buona capacità di relazione e di comunicare, spontanea e naturale.
Nel corso di comunicazione che tengo periodicamente, e che ha lo stesso nome del podcast, “Comunicare per essere”, ho inserito alcuni esercizi che hanno lo scopo proprio di farci sperimentare quanto la nostra capacità di comunicare e relazionarci con gli altri sia buona per noi. E si parla anche della stretta di mano. Ogni volta, c’è qualcuno che scopre qualcosa a cui non aveva mani pensato. E trova risposte davvero interessanti. Perché la nostra comunicazione siamo noi.
L’aforisma della puntata è dedicato al linguaggio: “Tutto può cambiare, ma non il linguaggio che ci portiamo dentro” Italo Calvino

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