Cinquantenni contro giovani: a chi giova?

In Polonia la giovinezza finisce a 37 anni, nel Regno Unito a 30, in Italia a 46. La terza età quando inizia? In Germania, a 65 anni, in Italia a 74. Questo, almeno, secondo la percezione del campione intervistato per la realizzazione dello Studio 2022 dell’Osservatorio Europeo per la sicurezza. Leggendo lo studio, serpeggia il messaggio che sia “colpa” degli adulti (dai cinquant’anni in poi) l’attuale situazione di incertezza che vivono le nuove generazioni. Forse allo studio sfugge che questa situazione la vivono tutte, le generazioni. E che l’essere giovani è legato anche al miglioramento della qualità della vita. E che è responsabilità dei Governi e di coloro che sono chiamati ad amministrare la Cosa pubblica creare un buon futuro. Che non si ottiene con la soppressione del desiderio di vita di chi oggi, a cinquanta o sessant’anni, si sente giovane.

– Analisi delle strategie comunicative, secondo i criteri di una comunicazione valoriale che ponga la persona al centro, applicata alla vita ed alle relazioni. A cura della dr.ssa Annarosa Pacini

COME IL LINGUAGGIO CREA CONFLITTI

Sentirsi giovani ed essere giovani. Dato interiore, personale, e dato anagrafico. Una persona può sentirsi giovane a settant’anni. Dovremmo impedirlo? La persona che si sente giovane a settant’anni, cioè che ha ancora voglia di vivere, di creare, di fare, dovrebbe essere punita?

Essere giovani e non avere fiducia nel futuro. Dato interiore, personale, e dato anagrafico. Un giovane, nel 2022, può avere timori e poche speranze, rispetto al proprio futuro ed a quello della società. Covid, conflitto Russia-Ucraina. Dovrebbe essere felice come i suoi coetanei di appena dieci anni fa, per cui il Covid e la possibilità di un conflitto dalle dimensioni mondiali erano realtà inesistenti?

Leggendo lo studio parrebbe proprio che questi adulti che si sentono giovani siano un’erbaccia da estirpare.

Facciamo dei distinguo

Lo studio fa riferimento alla difficoltà ad accettare l’idea di giovinezza e di vecchiaia che caratterizza questa società. Il mito della giovinezza. Che esiste. Ma non dobbiamo confondere la comunicazione social, e di un dominio dell’immagine che ammalia ed irretisce l’immaginario collettivo con la realtà.

I veri giovani di oggi (cinquantenni e non): attenzione agli inganni

A seguito delle varie crisi economiche, nazionali e mondiali, dei tanti giri di carte dei piani economici e pensionistici, a parte i dipendenti dello Stato, la maggior parte dei cinquantenni italiani di oggi avranno molto da lavorare. A meno di non decidere di andare in pensione a sessant’anni con una pensione che gli permetterebbe di fare i clochard.

La realtà è che, oggi, una persona di cinquant’anni è, effettivamente, ancora in grado di dare un contributo alla società. Si sente di farlo. Lavora. Ha la prospettiva di andare in pensione a 65, 70 anni, se tutto va bene. Se ci saranno ancora le pensioni.

Cosa dovrebbe fare? Salire tutti su un’astronave spaziale ed andare a colonizzare Marte?

E questo davvero crediamo che porterebbe un nuovo futuro ai giovani, posti di lavoro, visione di speranza?

Attenzione al modo in cui pensi la realtà

La comunicazione valoriale è comunicazione di umanità, di condivisione, di comprensione, di compassione.

La realtà è che la situazione economica, politica, sociale ed ambientale globale è molto critica.

Che questo non dipende dai cinquantenni e nemmeno dai ventenni. Dipende da chi governa. Dipende da chi ha grandi interessi economici in ballo e grandi poteri. Ventenni e cinquantenni sono, purtroppo, allo stesso modo, in balia delle politiche, delle scelte, delle regole, dei Paesi in cui vivono. Pari pari.

Gli over 50 sono sacrificabili?

Per non parlare di questa sottile e minacciosa idea che, in questi tempi di pandemia si sta sempre più diffondendo: la vita di un cinquantenne vale meno di quella di un quarantenne. Per non parlare di quelli che hanno più di 65 anni. Non tutti gli Stati mondiali la vedono in questo modo, certo. Non tutti hanno obbligato persone ancora giovani a vaccinarsi. Non intendo entrare in questo dibattito. Mi preme soltanto richiamare all’attenzione di chi legge il motivo per cui certe fasce di età sono state considerate più “vaccinabili”. Per proteggerle? No. La base è un dato statistico.

Vi faccio un esempio: poniamo che il dato statistico indichi che su 20 persone di 45 anni vaccinate, cinque muoiono di malattie cardio-circolatorie, cinque sviluppano reazioni a lungo termine, dieci non presentano effetti collaterali gravi. Statisticamente, cioè, secondo il dato medio, senza vaccino, a 45 anni su 20 persone solo due muoiono di malattie cardio-circolatorie. Perciò il dato matematico non consente di obbligare alla vaccinazione, come dire, “a cuor leggero”.

Per le persone “over 50” il dato statistico diceva qualcosa di questo tipo (è un esempio, non sto usando i dati veri, ma potete cercarli e troverete conferma a quanto sto scrivendo): su 20 persone di 50 anni vaccinate, 8 muoiono di malattie cardiocircolatorie. Statisticamente, senza vaccino, ne morirebbero 6. Che si fa? Ci può stare, 2 in più, 2 in meno. Vaccino obbligatorio. Più sale l’età più l’eventuale impatto negativo dell’eventuale effetto collaterale perde importanza. Ovvero, si considerano sacrificabili esseri umani in base a calcoli statistici. Così pare. Certo, non ci sono dati certi, ci vorranno anni, per conferme o smentite. Però, non ci sono dati certi né in un senso né nell’altro, ovvero, né a favore, né contro.

Ci auguriamo che, con il tempo necessario per questo genere di verifica e follow up i dati siano tutti di gran lunga a favore del vaccino. Che i numeri mostrino come nessuno sia stato “sacrificato”.

Torniamo al punto.

Problemi mondiali e cinquantenni: saranno davvero loro la causa di tutto?

Il sistema pensionistico è in affanno. I dipendenti pubblici, per adesso (2022) hanno ancora una quasi certezza di poter avere una pensione, ma quando, quanta, come, non si sa. Gli altri, se continua così (lavoriamo tutti sino al giugno di ogni anno solo per pagare le tasse), chissà se avranno ancora lo stipendio.

Per non parlare di chi ha idee retroattive sul togliere diritti acquisiti, vedi ridurre le pensioni.

L’inflazione galoppa all’8 per cento.

Mi pare poco probabile che il problema siano le persone mature che si sentono giovani, che sono attive, che vogliono dare una mano alla società.

Dovremmo andare più in profondità? Ripartire dalla scuola, formare le menti, dare conoscenze che siano base di competenze. Valorizzare le risorse umane, in ogni ambito professionale. Richiedere impegno e studio.

La comunicazione che separa distrugge le visioni del futuro

Se un albero si ammala, perché il terreno è malato, non lo si guarisce tagliando le foglie. Lo si guarisce curando il terreno.

Continuare con questa politica di comunicazione che aumenta il contrasto tra le generazioni, che richiama l’attenzione sugli aspetti negativi e non quelli positivi, non potrà produrre nessun effetto benefico. Né al presente che viviamo, né al futuro.

La comunicazione è manifestazione e potere dell’esistenza umana e del valore dell’umanità: deve costruire ponti, e fare in modo che giovani e meno giovani si uniscano, per creare un presente migliore, che senza presente, non c’è futuro.

Un titolo come quello che ho letto oggi: “I falsi giovani di cinquant’anni che tolgono il futuro ai giovani”, parla di dati, sì, ma non delle persone reali che stanno dietro ai quei dati. Coglie gli elementi macroscopici delle risposte (statistiche) e sposta la nostra attenzione sulle “colpe” del singolo. Figlio contro genitori, zii e nonni? Questo è il presente che vogliamo creare?

Cambiare le parole che scrivono la realtà

Non amo generalizzare. Nessuna statistica racchiude ed esprime la vera, diversificata, umanità. Ma attenzione a come s’interpreta un dato, alla chiave di comunicazione che si sostiene. Se sostieni la guerra e la divisione, guerra e divisione avrai.

Cambiamo il titolo: “I cinquantenni di oggi ed i giovani: insieme per creare una società migliore”.

Non ti pare che questo titolo, già da solo, potrebbe iniziare a cambiare il futuro?

Ti interessa la comunicazione valoriale? Vuoi imparare a calibrare i tuoi percorsi di pensieri e di sentimento in modo da orientare e potenziare visioni realistiche, positive e costruttive della realtà, per sostenere la tua vita e la tua realizzazione? Iscriviti alla newsletter. Presto saranno disponibili corsi per piccoli gruppi, dedicati all’uso ed all’allenamento di questa modalità comunicativa, come atteggiamento interiore da coltivare e, soprattutto, da mettere in pratica nella vita quotidiana. I corsi saranno on line, comodamente fruibili, comodamente fruibili con un cellulare, un tablet o un PC. In diretta, non registrati.

Riferimenti: Osservatorio Europeo curato da Demos per la Fondazione Unopolis

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