Libera il tuo altruismo (e diventa più forte)

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Libera il tuo altruismo (e diventa più forte)

Podcast. Ostilità, diffidenza e litigiosità non sono una tendenza ineluttabile della società di oggi: la capacità di provare sentimenti positivi verso gli altri si può allenare, per rendere la tua vita più ricca e soddisfacente. Adottare un atteggiamento benevolo non implica debolezza o compiacenza e non esclude la fermezza, anzi, è il modo più costruttivo per gestire un conflitto. Qualche dritta per scoprire come liberare il tuo altruismo, ed essere più soddisfatto della tua vita.

Supera i limiti della genetica

In una società sempre più dominata da ostilità, diffidenza e litigiosità, una riflessione sull’importanza dell’altruismo e delle benevolenza può migliorare la giornata. “Liberare l’altruismo” è il titolo di un articolo pubblicato su “Mind” di giugno 2018, scritto da Matthieu Richard, dottore in genetica molecolare e monaco buddista. E questo abbinamento già lo trovo positivo, decidere di essere ciò che si è, anche quando questo richiede di conciliare istanze diverse.
“Chiudete gli occhi. Ora. Pensate per un istante a qualcuno che amate. Il partner, un figlio, un
amico, non importa. Perché no, anche un gattino. Nel giro di pochi istanti avete provato un senso di calore, benessere e attenzione. È facile. Tutti abbiamo, a livelli diversi, la potenzialità di mostrarci benevoli con gli altri. D’altronde siamo biologicamente attrezzati per questo obiettivo, per prenderci cura dei più deboli: i bambini, i parenti malati, gli anziani, un cucciolo. Sulla base di questa potenzialità, ereditata dall’evoluzione e che ha contribuito alla sopravvivenza della nostra specie, allenando la mente (che modifica il cervello grazie alla plasticità dei neuroni) possiamo gradualmente estendere il cerchio dell’altruismo a un numero sempre più elevato di persone, per avere finalmente un’attitudine altruista nei confronti degli altri. L’attitudine si esprimerà attraverso comportamenti altruisti, a seconda delle nostre capacità e delle situazioni che ci troviamo a vivere.
L’essere umano è chiaramente in grado di superare i limiti della «selezione parentale», secondo cui i comportamenti altruisti non avrebbero nessun senso fuorché contribuire alla propagazione dei nostri geni. In che modo, dunque, sviluppare appieno il potenziale che è in noi?”(…)

Coltiva buoni momenti (e buoni sentimenti)

L’invito dell’articolo è a “coltivare i buoni momenti”: “Qualunque cosa facciamo, speriamo sempre di trarne vantaggio, per noi o per gli altri. Apprezziamo la bontà, la gioia, e quasi tutti siamo felici nel vedere gli altri felici. L’amore per il prossimo ha una sua peculiarità autosufficiente. Lo stesso vale per la generosità, la pazienza e molte altre virtù. Se impariamo a coltivare l’amore per gli altri e la pace interiore e se, parallelamente, attenuiamo il nostro egoismo e tutte le frustrazioni che lo accompagnano, la nostra esistenza non perderà in ricchezza, anzi.
Ciascuno di noi avrà qualche volta sperimentato un momento di pace interiore, ma di solito sono stati d’animo effimeri. I nostri tratti caratteriali tendono a restare uguali finché non facciamo qualcosa per migliorarli. Le nostre inclinazioni e i nostri automatismi tendono a mantenersi, a rafforzarsi pensiero dopo pensiero, giorno dopo giorno, anno dopo anno. Ma non sono immutabili. La nostra mente è qualcosa con cui abbiamo a che fare dal mattino alla sera, e può essere la nostra migliore amica come la nostra peggiore nemica. Se trasformiamo anche solo di poco il suo funzionamento, trasformiamo anche la nostra esperienza del mondo. Il cambiamento proviene in gran parte dall’allenamento mentale. Troviamo normale trascorrere anni per imparare a camminare, a leggere, a scrivere, a seguire una formazione professionale e ad allenarci per essere in forma. Perché mai la nostra mente dovrebbe sfuggire a questa logica, e trasformarsi senza il minimo sforzo?”
Poi l’articolo prosegue spiegando in che modo la meditazione mirata verso l’allenamento dell’altruismo e dei sentimenti positivi può favorire la crescita di questa attitudine, migliorando la vita degli altri e anche la tua. Basta scegliere quale potenziale far crescere. Perché non il potenziale della gentilezza?
Purtroppo è vero anche il contrario, ed anche di questo siamo testimoni: il costante bombardamento di messaggi che incitano all’intolleranza, alla separazione, all’aggressività, che ci arrivano dai mass media, da personaggi più o meno noti, più o meno autorevoli, più o meno influenti, producono effetti altrettanto negativi. La frustrazione aumenta la frustrazione, lo stress aumenta lo stress, il negativo aumenta il negativo. Perciò, non serve a nulla, se non a farti stare peggio.

Empatia (se la conosci, ti fa bene)

Nell’articolo c’è anche un’interessante approfondimento sul tema dell’empatia
“ (…). Spesso infatti si confonde l’empatia, orientata verso se stessi, con l’amore altruistico, orientato verso gli altri. L’amore altruistico è l’intenzione di compiere il bene altrui, e si accompagna a una disponibilità costante, insieme alla determinazione di fare tutto il possibile per aiutare l’altro secondo i suoi bisogni. La compassione è la forma assunta dall’amore altruistico nel confrontarsi con le sofferenze altrui. È l’intenzione di rimediare ai problemi dell’altro, seguita dalla messa in opera degli strumenti necessari allo scopo.
Quanto all’empatia, se ne distinguono due tipi principali. L’empatia affettiva è la capacità di entrare in risonanza con i sentimenti altrui. L’empatia cognitiva permette di diventare consapevoli della situazione dell’altro”.
Ma se non ben gestite possono produrre stress e fastidio, tanto che una persona che non sa ben gestire la propria empatia potrebbe finire per prendersela proprio con la persona che avrebbe voluto aiutare, sentita come la causa della sua sofferenza. Allo stesso modo, se si comprende una persona solo a livello cognitivo, ma non a livello affettivo, si potrebbe addirittura finire per approfittare della situazione. (…)
La società e le sue istituzioni condizionano gli individui, ma questi possono a loro volta far evolvere la società. In una simile interazione cultura e individuo si modellano reciprocamente.
E’ meglio essere altruisti perché l’egoismo non paga. Preoccuparsi del bene altrui – si legge ancora nell’articolo – è positivo per tutti. Chi respingerebbe mai un simile obiettivo? È opportuno riflettere qualche istante sul bene che facciamo a noi stessi e su quello che facciamo agli altri. Il fatto di provare gioia nel fare del bene, o di ricavarne anche un beneficio per sé, non è per forza indice di egoismo. L’altruismo autentico non esige che si soffra aiutando gli altri, e non perde la sua autenticità se si accompagna a un senso di profonda soddisfazione. Inoltre la nozione stessa di sacrificio è molto relativa: ciò che ad alcuni appare un sacrificio, da altri è percepito come un traguardo.
Ci sono persone che dichiarano felicemente: «Ho aiutato molte persone e ne ho tratto una soddisfazione immensa. Sono io a dover ringraziare loro». Gli anglosassoni parlano di warmglow per definire il calore interiore che accompagna la realizzazione dei gesti di bontà. Qualcuno ne ha dedotto che ciò renda egoista un atto all’apparenza altruista. Ma non bisogna confondere la causa primaria con gli effetti secondari. Il fatto di provare soddisfazione compiendo un atto altruista non rende l’atto egoista, poiché la ricerca della soddisfazione non ne è la motivazione principale. La soddisfazione nasce dall’altruismo vero, non dall’egoismo calcolatore.
La ricerca della felicità egoista sembra votata al fallimento per diverse ragioni. Innanzitutto, dal punto di vista dell’esperienza personale l’egoismo si rivela una fonte di tormento perpetua. L’egocentrismo moltiplica le nostre speranze e le nostre paure, facendoci ruminare sulle cose che ci toccano. Nella bolla del nostro ego la minima contrarietà assume proporzioni smisurate. In secondo luogo, l’egoismo è fondamentalmente in contraddizione con la realtà. È ispirato a un postulato erroneo, secondo cui gli individui sarebbero entità isolate, fra loro indipendenti. Ma la realtà è che noi non siamo entità autonome, e il nostro benessere può costruirsi solo insieme agli altri. Anche se abbiamo l’impressione di essere il centro del mondo, questo resta anche il mondo degli altri.
Adottare un atteggiamento benevolo, che non implica debolezza o compiacenza e non esclude la fermezza, è il modo più costruttivo per gestire un conflitto”.

Puoi volere davvero il bene degli altri quando sai davvero riconoscere anche il tuo

Perciò, riassumendo: pensare in positivo, in questo caso, per il bene degli altri, ti aiuta a raggiungere i tuoi obiettivi. Tu, per primo, stai bene. Riuscire ad essere benevolo non vuol dire sacrificare ciò che sei, che sai, che vuoi, anzi, significa avere ben chiaro prima chi sei, cosa sai, cosa vuoi, dove vai. Essere benevoli non significa essere deboli. L’idea del buono e debole è uno stereotipo. Anzi. E’ molto più facile lasciarsi andare all’ira e alla collera che imparare a gestire le proprie emozioni negative e trasformarle in qualcosa di positivo.
Infatti, spesso i “cattivi”, lo metto tra virgolette, le persone che non riescono a “vedere” gli altri (anche “vedere” è tra virgolette) sono persone che soffrono, che non riescono a vedere davvero il proprio valore, a riconoscerlo, e che proiettano sugli altri le difficoltà che hanno con sé stessi. Spesso, non sempre. Come sai, non amo generalizzare, bisognerebbe valutare di caso in caso.
Nel corso di comunicazione, decido in quale posizione far sedere i partecipanti in base alle caratteristiche della loro scrittura. Faccio in modo di mettere vicine tra loro persone che con vibrazioni emozionali simili. Questo perché in un corso in cui si lavora sulla propria evoluzione personale, c’è bisogno di poter espandere la propria natura, e sentirsi accolti, aiuta. Ma il bello del gruppo è dato proprio dalla differenza.
Perché, alla fine, che si abbia la grafia molto angolosa e si sia competitivi, oppure molto curvilinea, e si preferisca lasciar correre, che il calibro sia grande, e si ami stare al centro dell’attenzione, oppure molto piccolo, e allora al centro dell’attenzione proprio no, ma nulla sfugge, quello che rende la comunicazione davvero evolutiva è la possibilità di essere te stesso in ogni momento della tua vita e di comprendere gli altri così bene da permettergli di fare lo stesso.
Questo lo faccio sempre, nel mio lavoro. Il primo vero passo di ogni forma di amore, altruismo, benevolenza, è sempre trovare il tuo equilibrio. Da lì, come le onde del mare, tutto ciò che di bello sei e costruisci, potrà espandersi intorno a te, anche molto più lontano di quanto tu possa immaginare.
Pensa che bello se tutti ci muovessimo in questa direzione. Un problema resterebbe un problema, ma la soluzione trovata sarebbe sicuramente la migliore per tutti, perché la più giusta.
Se vuoi conoscere il mio metodo e realizzare concretamente, la tua evoluzione personale, contattami, puoi scrivere a info (at)annarosapacini.com o telefonare al 3396908960. Dal life coaching grafologico evolutivo al profilo grafologico al corso intensivo di comunicazione, tanti strumenti a tua disposizione, tra i quali potrai scegliere il più adatto a te. Su questo sito, annarosapacini.com, trovi sempre aggiornamenti e news
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Due aforismi, due prospettive altrettanto vere su quanto si possa essere, per noi, e per altri:
“L’egoista non è quello che vive come gli pare e piace, ma quello che chiede agli altri di vivere come pare e piace a lui; l’altruista è quello che lascia che gli altri vivano come piace a loro…” (Oscar Wilde)
“Ho imparato che le persone possono dimenticare ciò che hai detto, le persone possono dimenticare ciò che hai fatto, ma le persone non dimenticheranno mai come le hai fatte sentire” (Maya Angelou)

Grazie per essere stato con me. Ti aspetto alla prossima puntata.

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