Quando le donne sopportano troppo, grafologia e relazioni

Nessuna buona relazione può fondarsi sullo sforzo di essere diversi da ciò che si è o di accettare ciò che non ci piace. Sopportare non significa amare. Subire non è condividere. E sperare che cambi qualcuno che non sa che dovrebbe cambiare significa vivere dentro un’illusione. Solo la chiarezza può far crescere un rapporto. Quando le donne sopportano troppo significa che c’è qualcosa su cui riflettere. Quando le donne sopportano troppo, grafologia e relazioni: capirsi di più per vivere meglio.

Storie di ordinaria sopportazione. Di un partner assente, di una madre troppo presente, di figli poco attenti. Scritture curvilinee, a volte discendenti oppure ondeggianti, ad indicare una propensione per relazioni positive in cui, però, il confronto viene vissuto come un momento difficile da affrontare, perciò meglio evitare.
Eppure evitare non significa eliminare. Così, la scelta di sopportare senza manifestare in modo chiaro i sentimenti più profondi crea a lungo andare fratture non sempre sanabili.

“Quando le donne sopportano troppo?”

Quando le donne sopportano troppo? Quando, ad esempio, pur di fronte a situazioni che le fanno soffrire o che non condividono, vanno avanti come se nulla fosse, oppure, danno segnali non chiari. Invece di dire al partner: questo mi fa soffrire, sopportano in silenzio e poi si arrabbiano per un nonnulla. Il collegamento tra il fattore scatenante – la sofferenza emotiva – e la manifestazione – uno scatto d’ira per una situazione apparentemente non significativa – assai raramente viene colto dall’altro. Con l’andare del tempo, diventa un modello relazionale che non aiuta a risolvere, ma, anzi, aumenta il distacco.

Ancora: il figlio, o la figlia, non aiuta, risponde male, vuole solo avere ciò che desidera. E la madre cede sempre. Salvo poi manifestare il suo stato d’animo reale con nervosismo, atteggiamenti di critica o disturbi psicosomatici. L’elenco potrebbe continuare a lungo. Anche nel ruolo di figlia, non manca la tendenza a sopportare, in legami che, per tutta la vita, condizionano, con genitori forti che influenzano e figlie che subiscono. E non sempre reagiscono.

“Perché non va bene sopportare?”

Perché non va bene sopportare? Perché una relazione positiva deve essere una relazione paritaria, di dialogo, rispetto, ascolto, interscambio. Se c’è qualcuno che “sopporta” (ricordiamo alcuni sinonimi, per meglio chiarire l’accezione con cui utilizziamo questo termine “soffrire, rassegnarsi, piegarsi, sottostare, abbozzare, mandar giù, giustificare, scusare, lasciar perdere”) in una relazione, sia essa sentimentale, familiare, amicale, significa che il rapporto non è equilibrato.

Sopportare serve? Nelle accezioni di cui sopra, non serve. Anche volendo adottare giustificazioni di tipo morale, è esperienza comune che non soltanto i problemi non si risolvono, ma spesso aumentano e la fatica di chi sopporta viene disconosciuta, perché non percepita come tale.

E non è questa la sede per ricordare le tante degenerazioni che possono verificarsi quando un partner perde di vista il valore della propria compagna, perdendo così anche la percezione della propria umanità. Per questo è meglio agire prima, ovvero evitando che si instaurino meccanismi che in presenza di particolari e problematiche situazioni emozionali e psicologiche, possono sfociare in gesti terribili.

Quindi, come fare a risolvere la situazione? Imparando a manifestare nel modo corretto le proprie emozioni, i propri sentimenti, i propri pensieri, nel rispetto dell’altro ma anche di se stessi. Perché non può esserci una relazione “giusta” (termine qui utilizzato con il significato di “buona, corretta, sana, equilibrata”) se non è “giusta” per entrambi i componenti della relazione. Ed è così che un rapporto può crescere e migliorare, con reciproca soddisfazione di entrambe le parti.
Da un punto di vista grafologico, anche se i comportamenti manifesti delle donne che “sopportano”, visti dall’esterno, possono tra loro essere simili, le motivazioni scatenanti, possono, invece, essere diverse.

“Esiste un modo per smettere di sopportare ed imparare ad affermare se stessi, costruendo relazioni di valore”

Scritture curvilinee, accurate, non molto veloci. Il desiderio di una risposta positiva dall’ambiente circostante può portare ad adeguarsi anche là dove non lo si vorrebbe fare, per timore del giudizio degli altri e per desiderio di approvazione.
Scritture che si muovono come ondeggianti, a gruppi di lettere, o a parole, tra loro o sul rigo. In questo caso, è l’indecisione a rendere difficile portare avanti le proprie istanza, indecisione che può fondarsi, di caso in caso, si una ridotta autostima, su una difficoltà a sentirsi accettate e molto altro.
Scritture con pochi angoli. Se l’assenza di angoli non è mitigata da altri elementi correttivi, la persona non riesce a difendere il proprio spazio e i propri giusti diritti “in tempo reale”. E’ il tipico caso di donne che per lungo tempo sopportano, fino poi ad esplodere per un nonnulla, di fronte ad esterrefatti interlocutori che non riescono a vedere oltre il fatto contingente.
Scritture discendenti. Soprattutto se si tratta di un elemento momentaneo, la tendenza a cedere di fronte alle pressioni dell’ambiente esterno diviene un modo di essere, che rende assai difficile riuscire a vedere prospettive diverse. E potremmo andare avanti con decine e decine di altri esempi.

La grafologia evolutiva® evidenzia in modo chiaro come, assieme agli elementi condizionanti, siano presenti anche risorse che, utilizzate nel modo giusto, possono consentire una diversa gestione della propria natura originaria, più soddisfacente ed armonica. Quindi, che si sia desiderosi di rapporti positivi, indecisi, cedevoli etc., esiste sempre un modo per smettere di sopportare ed imparare ad affermare se stessi in modo positivo, adottando nuove strategie relazionali, e così migliorando profondamente i nostri rapporti con gli altri.

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