La tua scrittura racconta la tua storia, il tuo vero Io, il tuo essere unico. Rappresenta la sintesi di tutto ciò che sei, a livello psicologico, fisico e spirituale.
Per questo, una scrittura non dovrebbe mai essere definita “brutta”. Il vero valore di una scrittura non ha nulla a che fare con l’estetica e la forma. Chi definisce una scrittura “brutta”, sbaglia. Ogni scrittura ha la sua bellezza, bisogna soltanto imparare a vederla. Perciò, non fermarti mai alle apparenze. Cerca sempre la tua sostanza, e fai in modo che si manifesti compiutamente nella tua vita. Troverai così anche la tua scrittura, e sarà sempre bella.
(Scorrendo puoi leggere la trascrizione dell’audio)
La scrittura “brutta” non esiste
Cosa si intende, da un punto di vista grafologico, per “bella scrittura”?
Sicuramente qualcosa di molto diverso da ciò che s’intende nel linguaggio comune. Anzi. La bella scrittura, intesa come una scrittura esteticamente gradevole, tracciata con molta cura, con grande attenzione, fino quasi a rallentare il ritmo, preoccupata della forma e dell’impressione che suscita in chi legge, ordinata e talvolta quasi studiata tanto appare uguale a se stessa, grafologicamente può essere non così “bella” come una grafia meno leggibile, più mossa, meno curata.
Tutti abbiamo in mente un’idea di “bella” e “brutta” grafia. Forse può essere utile imparare a vedere la scrittura anche attraverso la lente grafologica. Così scopriremo che vi sono “brutte” scritture in realtà bellissime, e che qualche “bella” scrittura, invece, può rappresentare una maschera che nasconde e protegge, ma, anche, impedisce di essere se stessi.
Le grafie accurate sono spesso accomunate da elementi simili: rotondeggiati, leggibili, ben tracciate, con lettere che ricordano il modello scolastico, a volte abbellimenti stilistici, a volte molto uguali a se stesse.
Quando l’attenzione alla forma nasconde le tensioni interiori
L’accuratezza, in una grafia, è spesso collegata ad una serie di elementi meno evidenti: da un lato, il desiderio di approvazione e considerazione da parte dell’ambiente, dall’altro una certa difficoltà ad uscire fuori dalle regole, a sperimentare, difficoltà che può trasformarsi in intransigenza nei confronti di chi non sa adeguarsi.
Quante persone hanno, negli anni della scuola elementare, o anche successivamente, cambiato la loro scrittura alla ricerca di quella scrittura “bella” che potesse soddisfare genitori ed insegnanti? Una scrittura che appare gradevole, leggibile, che riscuote approvazione, ma che può diventare una gabbia, uno schermo che ci aiuta a nascondere insicurezze o paure, o, più semplicemente, una ridotta fiducia nelle nostre qualità. Che è ben diverso dall’essere consapevoli e soddisfatti di ciò che siamo.
L’insicurezza, il timore, l’indecisione si rivelano, nella scrittura, attraverso una serie di segni: la grafia può ondulare sul rigo, le lettere possono sembrare come appoggiarsi timidamente le une alle altre, ancora, la scrittura può scendere sotto il rigo, puntando verso il basso. Perché, a volte, cedere sembra l’unica soluzione.
Esistono però scritture esteticamente belle ma anche vivaci, ricche di energia, in cui la capacità di adattamento va di pari passo con l’affermazione dei propri diritti e delle proprie istanze, in cui diplomaticamente si cerca un punto di contro con le esigenze dell’ambiente, ma senza scendere a compromessi. Scritture in cui gli elementi legati all’insicurezza e alla paura scompaiono. Questo perché ogni scrittura rappresenta un insieme unico di caratteristiche, la cui minore o maggiore positività per la nostra vita dipende soprattutto dall’utilizzo che ne facciamo.
La bellezza delle grafie “brutte”
All’opposto, abbiamo scritture definite “brutte”, meno ordinate, meno accurate, meno leggibili. La vostra scrittura appartiene a questo gruppo? Tranquilli.
La bellezza, nella scrittura, non dipende dalla forma, dall’estetica o dalla leggibilità. Intuito, empatia, capacità creativa, velocità di pensiero, capacità di sintesi e di soluzioni originali sono spesso caratteristiche distintive delle “brutte” grafie. Che riescono però ad esprimere senza timore e senza insicurezze le caratteristiche più vere di chi scrive. Anche in questo caso, tutto dipende dalla misura: una cosa è una grafia non ordinata ma leggibile, che scorre con fluidità e chiarezza, altra una grafia disordinata, oscura, piena di tratti angolosi e di disomogeneità.
Quindi, ti chiederai, una condanna per le belle scritture? Meglio brutte che belle? O meglio belle che brutte? Nessuna condanna.
Come dicevo, si parla di essenza, di valore profondo. Il giudizio, basato su un’osservazione superficiale della grafia, nulla ha a che vedere con la sua essenza, con ciò che profondamente esprime.
Belle o brutte, pari son (il significato grafologico di una scrittura non è legato soltanto all’estetica)
Le scritture accurate possono esprimere in maniera spontanea e sincera le caratteristiche individuali. In quel caso non sono “maschere” o modelli adottati nella ricerca di approvazione, per la paura di sbagliare o di essere giudicati, ma un modo di essere, in cui la persona si muoverà con disinvoltura e soddisfazione. Con capacità di attenzione verso le istanze degli altri quanto verso le proprie.
Se invece, aveste una scrittura con caratteristiche di questo tipo, e, nonostante tutti i vostri sforzi, quel senso di insicurezza, di insoddisfazione, di mancata corrispondenza da parte degli altri verso quelle che sono le vostre vere attese è più o meno sempre presente, in quel caso, allora, la vostra “bella” scrittura forse è proprio solo una gabbia in cui vi siete chiusi. Va aperta, per mettere a voi di essere voi, ed agli altri di scoprirvi per ciò che realmente siete.
Allo stesso modo, le scritture “brutte”, secondo i canoni estetici generali, oscure, veloci, o meno leggibili, possono rivelare temperamenti di grande spessore emotivo, intelligenze vive e audaci, intuito, dinamismo mentale e operativo. Accompagnate da segni che indicano ampia capacità di comprensione della realtà e degli altri, approfondimento, osservazione, sono anch’esse molto positive.
Se invece sono accompagnate da segni grafologici che indicano antagonismo, desiderio di controllo, poca disponibilità, poca voglia di approfondire, anche quando sarebbe indispensabile, allora potrebbe essere utile cercare di capire i motivi che ci spingono in quella direzione, per trovare delle soluzioni. Soluzioni che possono aprire la nostra vita verso dimensioni nuove, e che la nostra scrittura seguirà di pari passo.
Nella tua scrittura, le tue risorse, le tue possibilità, il tuo futuro
Ogni risorsa di cui disponi può diventare la migliore risorsa della tua vita. Purché tu ne sia così consapevole da padroneggiarla e direzionarla. Altrimenti finirai per essere spinto in direzioni che raramente sono davvero le migliori per te.
Ho avuto spesso occasione di lavorare con persone con grafie “brutte” (come anche “belle”), piene di risorse, che desideravano impegnarsi per la propria crescita personale, magari per migliorare le relazioni in ambito lavorativo. Che si tratti di manager, imprenditori, professionisti o dipendenti, la crescita personale è un elemento essenziale per la nostra vita, in ogni ambito, anche professionale. E lavorando sulla comunicazione, sulla chiarezza, sulla capacità di attenzione, su una migliore comprensione delle istanze dell’altro, non solo sono diventati più bravi nel proprio lavoro, ma hanno saputo costruire relazioni di grande valore.
Perciò, non fermarti mai alle apparenze. Cerca sempre la tua sostanza, e fai in modo che si manifesti compiutamente nella tua vita. Troverai così anche la tua scrittura, e sarà sempre bella.
Per approfondimenti e info, trovi tutti i recapiti sul mio sito, in questa pagina.
L’aforisma che ho scelto, a conclusione della puntata, è di Khalil Gibran: “La bellezza non è nel viso. La bellezza è nella luce del cuore”.
E la luce del cuore passa anche attraverso la tua scrittura. Fai sì che emerga.